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Voto a Modena, la retorica della 'parte giusta' calpesta la verità

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Sarebbe tempo di superare definitivamente questa falsa morale, di togliere la maschera di fango con la quale si camuffa la semplice ricerca del potere


Voto a Modena, la retorica della 'parte giusta' calpesta la verità
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A meno di due mesi dal voto nella Modena che non cambia da quasi 80 anni, occorre almeno sgombrare il campo dal ritornello che vedrebbe la contrapposizione tra una 'parte politica giusta' e una 'parte sbagliata'. Ovviamente la parte autoproclamatasi giusta è quella che governa ininterrottamente il territorio da 8 decenni e che, in virtù di questa sorta di primato ontologico, si permette di dare bollini di democrazia e di agibilità politica. Si permette di etichettare ogni pensiero filosofico difforme come 'fascista' (lo fece Muzzarelli) e di attribuire a precisi mondi economici (quello cooperativo in primis) valenze etiche superiori.

La parte giusta è quella che fonda la sua identità nei valori della Resistenza, ma che nonostante il tempo passato nega con protervia gli orrori collegati alla Resistenza stessa.

E' la parte che vede nello spietato assassinio del seminarista Rolando Rivi di cui oggi ricorre il 79esimo anniversario, un semplice atto di delinquenza, e che si ostina a dire che l'omicidio di don Lenzini non c'entra con la lotta partigiana (qui).
E' la parte che dimentica gli stermini comunisti e che ha bisogno ancora della strumentalizzazione ideologica per cementare il consenso, non importa quanto gli aspetti positivi ed egualitari di quella ideologia siano stati consapevolmente calpestati.

Ecco, in vista del voto di giugno sarebbe tempo di superare definitivamente questa falsa morale, di togliere la maschera di fango con la quale si camuffa la semplice ricerca del potere. Per far questo, ovviamente, il centrodestra deve archiviare definitivamente ogni accenno nostalgico, ogni concessione a braccia alzate e strette di mano all'avambraccio, deve dire apertamente che il Ventennio è stata una dittatura di fatto, che le leggi razziali sono state l'introduzione dell'inferno nel nostro Paese e, fatto questo, deve puntare a una discussione di merito, progettuale e puntuale.

Insomma, in campo a Modena, il 9 giugno non vi è lo scontro titanico tra la corazzata dei principi della luce contro l'esercito delle tenebre. No, lo scontro è solo ed esclusivamente tra due progetti diversi, tra persone e sistemi di riferimento diverso. Nulla di personale, nulla contro i profili umani dei due principali candidati sindaci, ma la presa d'atto che da una parte vi è il conservatorismo rappresentato dalla coalizione guidata da Mezzetti e dall'altra vi è la faticosa ricerca di una credibile alternanza che Negrini, peraltro per nulla aiutato da buona parte dei vertici provinciali di Fdi, sta cercando di mettere in campo.

Da una parte vi è il solito rodato valzer di nomine, grottescamente sempre uguali a loro stesse finanche nei cognomi, vi è il legame interessato col mondo cattolico e con puntuali centri di potere, vi è la fusione inestricabile tra partito e istituzioni, dall'altra vi è la proposta di uno spoil system vero, in grado di scardinare incrostazioni talmente profonde da apparire indebitamente inevitabili. Non è quindi nemmeno uno scontro tra centrodestra e centrosinistra, non è un braccio di ferro tra partiti che viceversa, da Fdi al Pd passando per Forza Italia, sfruttano l'occasione per dirimire simili lotte intestine, ma è il confronto tra ripetizione e cambiamento.

E allora anche nelle piccole vicende modenesi si declina l'eterna ricerca onesta e inarrivabile della Verità. Una ricerca che non è legata a una 'parte giusta', ma alla presa d'atto che non vi è nulla di inevitabile, che la ripetizione di un Sistema divenuto a Modena sempre più arrogante, soffocante ed escludente (caratteristiche che fanno di questa provincia una enclave pressochè unica in Italia) non è scritto nel libro della Legge e che l'unico limite al 'pensiero differente' è la paura di non poterselo permettere.
Giuseppe Leonelli

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