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Uno, Michele Barcaiuolo, può vantare la militanza storica nel partito, l'essere partito dalla base, l'avere seguito Giorgia Meloni nel deserto del 3%, ed essere arrivato a forza di attaccare manifesti e di organizzare banchetti, ad occupare un posto al Senato della Repubblica, grazie alla candidatura blindata nel 2022 in un collegio plurinominale.
L'altra, Daniela Dondi, ha seguito un percorso diverso: noto avvocato civilista, presidente degli Ordini degli avvocati di Modena, volto noto nell'associazionismo e nei club della Modena che conta, ha deciso di avvicinarsi per la prima volta alla politica nel 2020, ottenendo il secondo posto alle Elezioni regionali candidandosi con Fdi. Proprio dietro a Barcaiuolo stesso. Poi, alle politiche 2022, il grande salto: il partito della Meloni la candida al collegio uninominale di Modena.
Una corsa impossibile, una sfida nel collegio più blindato d'Italia, ma lei a sorpesa ce la fa: col 37,44% sorpassa il paracadutato dal Pd Aboubakar Soumahoro, fermo al 36,01% e diventa deputato entrando nella storia del centrodestra modenese.
Oggi Michele Barcaiuolo e Daniela Dondi rappresentano le due anime di Fdi di Modena. Frizioni manifeste non ci sono mai state, ufficialmente il senatore e il deputato battono all'unisono e nelle dichiarazioni pubbliche non si registrano disallineamenti, eppure le posizioni dei due leader modenesi col passare dei mesi si sono distinte.
Barcaiuolo, per storia e ruolo da coordinatore regionale, è il deus ex machina di Fdi, ma in un partito gerarchico, dove gli ufficiali impartiscono ordini ai sottoposti, Daniela Dondi ha deciso, forte della sua storia e del suo percorso, di non essere un signorsì.
Si è ricavata una propria precisa autonomia, ha creato un proprio piccolo staff, indipendente dal partito, e, appoggiata in particolare dal capogruppo di Fratelli d'Italia alla Camera dei deputati Tommaso Foti, ha svolto il suo lavoro in Parlamento mettendo a frutto la sua esperienza, sul tema della giustizia ma non solo.
Così per venire alla gestione della individuazione della scelta del candidato a Modena, pur rispettando la logica esterna del marciare 'uniti e compatti', Daniela Dondi ha guardato con un certo distacco il lavoro del collega parlamentare. Rispettando gli ordini di scuderia, non è intervenuta in questi mesi, anzi ha elegantemente fatto un passo indietro personale ritirando la propria disponibilità, ma certamente non ha condiviso fino in fondo la strategia adottata da Barcaiuolo. Oggi, davanti al fallimento del percorso civico e all'empasse di una candidatura di partito ancora da sciogliere a 3 mesi e mezzo dal voto, è tra coloro che fotografano il ritardo con cui il centrodestra si appresta ad affrontare il Pd in vista di giugno.
Sia chiaro, per ora la leadership di Barcaiuolo in Regione non è in discussione ed è fermamente appoggiata dal viceministro Galeazzo Bignami, ma se il voto di giugno dovesse andare particolarmente male, indipendentemente che il candidato sia Luca Negrini di Fdi o Piergiulio Giacobazzi di Forza Italia, sarebbe inevitabile aprire una riflessione interna all'interno dei meloniani modenesi.
Giuseppe Leonelli
Redazione Pressa
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